Il pranzo di Babette, il gusto nordico del cibo

Oggi inauguriamo una nuova sezione del blog, in cui ci occuperemo di cinema e letteratura. Cosa hanno a che fare film e libri con l’alimentazione? L’intenzione, naturalmente, non è quella di occuparci di documentari o saggi che ci spieghino ciò che è bene mangiare per stare in salute, ma di quelle che sono state le interazioni tra tavola e macchina da presa, alimentazione ed estro creativo. Perché parlarne? Perché spesso quel che mangiamo è, a ragione, inteso quasi esclusivamente in un rigido meccanismo di causa ed effetto dove al primo posto troviamo un determinato alimento e al secondo le conseguenze immediate o non sulla salute. Questo insistere sulla causalità fa sì che si rimanga immobili nella sfera dell’utile e che, troppo spesso, vadano smarrite quelle che sono le connessioni, pur molteplici, tra quel che mangiamo e quello che davvero siamo: non corpo ma storia, tradizione, amore e cultura. Ci entusiasma allora l’idea di dimenticarci, almeno per un momento, della dimensione delle implicazioni concrete e di soffermarci invece su quelle più effimere ma forse più importanti legate all’emozione che il cibo è e trasmette. Un cibo dell’anima prima che del corpo, dunque, che bene è stato espresso in film e libri celebri.
Il pranzo di Babette (Babettes gæstebud), Danimarca 1987.
Regia di Gabriel Axel
Con Stéphane Audran, Birgitte Federspiel, Bodil Kjer, Vibeke Hastrup, Hanne Stensgaard, Jarl Kulle, Gudmaw Wivesson.
Consigliato a chi ama il vento del nord.
Abbiamo deciso di iniziare con un film che, senza dubbio, ha fatto trepidare le papille gustative di molti. Parliamo de Il pranzo di Babette (Babettes gæstebud), diretto dal regista danese Gabriel Axel nel 1987 e vincitore del premio Oscar nel 1988 nella categoria Miglior film straniero. Il film, tratto da un omonimo racconto di Karen Blixen (l’autrice de La mia Africa, per intenderci) racconta di due anziane sorelle che vivono in un piccolo paesino della Danimarca alla fine del XIX secolo. Martina e Philippa – questo il nome delle due – sono figlie di un pastore protestante alla morte del quale succedono nella direzione morale e religiosa della comunità. Decidono così di non sposarsi e continuare a vivere insieme, all’insegna della frugalità. A portare il seme della novità è Babette, una donna francese, giunta in Danimarca per sfuggire alla repressione seguita a quell’evento unico nel suo genere che fu la Comune di Parigi, durante la quale ha visto morire il marito e il figlio. Babette si ambienta immediatamente nella routine delle due sorelle, nella casa delle quali va a vivere come cuoca a governante. Babette, celebre cuoca parigina, decide di investire la sua piccola fortuna in un pranzo memorabile a cui invita i membri più importanti del paesino. La scena del banchetto – tra le più belle del cinema – è memorabile.
A rendere speciale il convivio non è solo la prelibatezza delle portate, la cui ricercatezza rappresenta una novità per quello sperduto paesino nordico. Gabriel Axel (e la Blixen prima di lui) ne Il pranzo di Babette ci mostra il risveglio dei sensi e, in particolare, un ritorno della sensualità che passa attraverso il gusto. Lungi dall’essere il trionfo della gola sulla frugalità, tuttavia, il Pranzo di Babette mette in scena le connessioni possibili tra cibo e felicità. Assaggiando quelle pietanze prelibate, dal gusto quasi esotico, i castigati abitanti della comunità ritrovano la voglia di ridere e ricordano le gioie della loro giovinezza. E la bella Babette, che nell’acquisto degli ingredienti ha investito tutto il suo denaro, rivive per un momento i fasti del suo passato. E quando le due sorelle la rimproverano di aver speso una fortuna, lei risponde che un artista non può diventare povero. Touché.